venerdì 18 gennaio 2008

Vento...


Autunno, foglie cadenti, petali morenti, accarezzati dall'ancora caldo alito estivo, danzano a mezz'aria mentre aquile d'acciaio tagliano feroci il vento, lo infuocano. Sotto i loro ruggiti gli obsoleti animi umani si scrollano, e nel vento la loro brina si discioglie. Cavalieri del vento, con i loro elmi lucenti domano bestie di fuoco e metallo che si sostentano nell'aria e in essa si spengono.


Sometimes gentle, sometimes capricious, sometimes awful, never the same for two moments together; almost human in its passions, almost spiritual in its tenderness, almost divine in its infinity, it is surely meant for the chief teacher of what is immortal in us, as it is the chief minister of chastisement or of blessing to what is mortal. And yet we never attend to it, we never make it a subject of thought…”


John Ruskin, ‘Of the Open Sky’

domenica 13 gennaio 2008

Ossa...


Un'Ombra velocemente si scosta dal suo riparo, non si guarda intorno, è tardi. Il suo mondo, la sua esistenza si sta lentamente restringendo. Dietro una luce guarda la strada, battuta da guardie e castigatori feroci; solo un Viandante la scruta dentro la sua anima; impaurita attraversa quel fiume in piena che ancora, difficilmente, la consuma. Esce dalla via segnata, lontana ormai da una rumorosa civiltà che l'ha nauseata. Cammina tra le basse sterpaglie, non vede il terreno, la ferita quasi la soffoca. A stento raggiunge un campo, incolto all'apparenza. Si sdraia, sente la polvere, di qui anch'essa sa di essere composta, nella sua bocca asciutta, e sente il sangue, che imperterrito continua a fluire nelle arterie e il suo cuore, che stanco, ad ogni battito la scuote. Madida di sudore, arranca, con la terra sotto le unghie, viva come non mai, verso una meta che anche lei si accorge esser vana; ma come un soldato, ferito sul campo di battaglia, continua a strisciare lontano dal luogo del suo tormento, essa perpetua nel suo essere. Ed ecco che afferra un ramo, stranamente liscio e levigato, con le estremità arrotondate di un luccicante bianco, che riluce al pallido chiarore lunare; ed altre di queste verghe la stringono tutt'intorno, bastonando la sua fumosa anima. Ecco, ora sente la polvere sento il suo più intimo essere; ora percepisce il tremare della terra; ora ode le trombe serafiche. Non più lotte o combattimenti l'aspettano, non più strade o decisioni da prendere, solo gli occhi di un Viandante e il silenzio polveroso, in una notte senza luna...

sabato 12 gennaio 2008

Inchiostro...


Sempre vacante è l'essere umano, in un vorticoso vortice che lo risucchia nell'oscuro e freddo baratro; e il baratro che altro non sembra che una cruda tomba, in realtà è egli stesso quando guarda dentro di sé e sente il vuoto della sua esistenza e del suo io. Eccolo lì, in notte tempestosa, al lume di una flebile lucerna, che scrive le sue memorie; la penna che si piega sotto la sua debole mano, rapida, lascia solchi indelebili sulla carta, che morta, come il suo scrittore, altro non chiede se non il riposo in una qualche biblioteca dimenticata. Stanco è il Viandante che, timoroso del suo fato, si affretta, sfidando l'instancabile tiranno. Il tratto termina e abbattuto da se stesso, lascia il suo corpo, sfiancato, scivolare lentamente nello scuro inchiostro delle sue parole. Vigila, ancora, soltanto il pennino, immerso in quel veleno di loto che ogni pensiero oblia e cattura; come se il cibarsi di quella misera anima del Viandante l'avesse reso ancora più affamato. E quell'ultima ancora tra anima, mente e corpo si vede corrosa dalla ruggine del tempo che egli sa, distrugge ogni cosa...